I motivi del rally del dollaro
Ad aprile il dollaro si è apprezzato rispetto alle valute dei Paesi del G10, dell’Asia e dei mercati emergenti. Il rally del dollaro è stato improvviso e aggressivo, ed è stato il frutto di diversi fattori.
In primo luogo, la parte anteriore della curva USA si è irrigidita in modo aggressivo per prezzare tre rialzi consecutivi di 50 punti base a maggio, giugno e luglio da parte della FED. Questo ritmo di inasprimento non si vedeva dal 1994.
In secondo luogo, gli eventi in Europa hanno fatto crescere i timori di una recessione dell’eurozona nei prossimi trimestri e il dollaro ha suscitato particolare interesse come bene rifugio. Interesse cresciuto quando, verso la fine del mese, si sono diffuse le voci di un imminente divieto di esportazione di petrolio e gas russo verso l’Europa.
In terzo luogo, il forte ribilanciamento delle coperture azionarie e valutarie a fine aprile ha portato a un’accelerazione al ribasso del rapporto EUR/USD, da circa 1,07 a poco meno di 1,05.
È un errore vedere l’apprezzamento del dollaro solo attraverso la lente del rapporto di cambio con l’euro. Il biglietto verde ha registrato una performance superiore a quella della maggior parte delle altre valute e questa sovraperformance ha fatto schizzare in alto le misure tradizionali di valutazione.
L’indice del dollaro USA è salito e ha scambiato a forti livelli di resistenza pluriennali. Un movimento di prezzo simile è stato osservato nel USD/JPY e GBP/USD, anche se per motivi leggermente diversi.
Il movimento dei prezzi che abbiamo visto dopo il rialzo dei tassi di marzo è completamente in contrasto con quanto avviene tradizionalmente. Normalmente il dollaro si deprezza in misura modesta durante le fasi iniziali dei cicli di rialzo dei tassi della Fed. Non è questo il caso attuale, che riflette una politica monetaria più sfumata, con tassi che prezzano pressioni inflazionistiche ancora elevate.
Ad aprile l’euro ha subito un calo modesto su base ponderata per gli scambi, ma ha registrato perdite significative soprattutto nei confronti del dollaro. Gli sviluppi economici nel corso del mese di aprile sono stati particolarmente negativi. L’inflazione complessiva della zona euro ha raggiunto il 7,5% a/a ad aprile.
Guardando al mese di maggio, ci sono espliciti rischi di ribasso per il rapporto EUR/USD. Tecnicamente, c’è un forte supporto ai livelli intorno a 1,0340 (il minimo del 2017). Il catalizzatore potrebbe essere un esplicito divieto di esportazione di petrolio e gas russo verso l’UE, che lascerebbe presagire una più ampia contrazione economica. Gli sviluppi ciclici pesano molto sull’euro, anche se la fine della politica di tassi negativi sui depositi rappresenta nel medio termine una svolta per la valuta dell’eurozona.
Per quanto riguarda la sterlina, nella riunione del 5 maggio, la BoE ha aumentato i tassi dallo 0,75% all’1,00%, portando la sterlina a deprezzarsi significativamente dopo la riunione. Anche i tassi di cambio ponderati per gli scambi sono scesi notevolmente.
Le nostre previsioni per il rapporto GBP/USD prevedono un modesto rialzo nel lungo periodo, che riflette la nostra previsione secondo la quale il dollaro si indebolirà una volta che il ciclo dei tassi della Fed sarà completamente prezzato e i mercati allora si muoveranno per prezzare i rialzi dei tassi della BCE, spingendo l’EUR/USD verso l’alto. Questo a sua volta finirà per spingere al rialzo anche il rapporto GBP/USD, ma solo in misura modesta. Nel breve termine, ci sono evidenti rischi di ribasso per il rapporto GBP/USD, a causa del continuo deterioramento di quasi tutte le variabili macroeconomiche del Regno Unito e di un ciclo di rialzo dei tassi della BoE più breve del previsto.
Negli ultimi sei mesi lo yen giapponese si è deprezzato di circa il 20% ed è ora la valuta più economica tra le economie avanzate. L’ampiezza del posizionamento short suggerisce che c’è spazio per un movimento al ribasso del rapporto USD/JPY se i rendimenti USA a lungo termine sono vicini ai massimi. Questo potrebbe manifestarsi se le dinamiche dell’inflazione statunitense iniziassero a stabilizzarsi o addirittura a scendere a livelli più bassi, il che mostra come sia fattibile un movimento al ribasso verso livelli intorno a 125,00. Al momento non vediamo motivi per rialzi dello yen. Nel corso del tempo, prevediamo che si apprezzerà, grazie al suo basso profilo di valutazione e all’avvicinarsi della fine del ciclo di rialzi della Fed, ma per il momento l’USD/JPY dovrebbe continuare a essere scambiato a livelli discreti.