Slowbalization in ascesa e commercio globale

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Le catene globali del valore sono come le petroliere: hanno bisogno di navigare attentamente. Pertanto, i cambiamenti nella natura della slowbalization saranno graduali, con le aziende che guadagneranno tempo nel breve termine attraverso lo stoccaggio precauzionale e il dual sourcing.

Il fenomeno del rallentamento della globalizzazione o slowbalization non è nuovo. Tuttavia, lo shock procurato dal Covid, l’incaglio della nave portacontainer Evergreen che ha bloccato il Canale di Suez causando gravi interruzioni del commercio globale e, più di recente, l’invasione russa dell’Ucraina, hanno aggravato le interruzioni della catena di approvvigionamento globale in presenza di un’impennata della domanda di beni. Ciò ha rinvigorito il dibattito sulla deglobalizzazione. La crescente carenza di manodopera nelle economie sviluppate e l’accumulo precauzionale di scorte (quest’ultimo dovuto alla diffusa incertezza sui tempi di consegna) hanno aggiunto stress a un sistema di supply chain just-in-time.

Anche la geopolitica ha assunto un’importanza crescente nella gestione della supply chain. L’invasione russa dell’Ucraina è un esempio di questo cambiamento: l’ordine politico globale è diventato più frammentato e multipolare, in quanto le superpotenze globali hanno iniziato a vedersi più come potenziali concorrenti strategici che come potenziali partner strategici. Sebbene il presidente cinese Xi Jinping abbia lanciato un appello contro il protezionismo nel suo discorso di Davos del 2022, quasi il 60% delle esportazioni statunitensi verso la Cina rimane soggetto a tariffe. Allo stesso modo, gli Stati Uniti hanno ampliato il proprio intervento normativo sul commercio con la Cina, visto che la Strategia di Difesa Nazionale degli Stati Uniti per il 2022 ha definito la Cina il suo “concorrente strategico più importante”. La competizione strategica tra superpotenze significa che i singoli Paesi meno potenti devono scegliere con chi allearsi.

L’attrazione centripeta della cooperazione economica globale si sta indebolendo, mentre le forze centrifughe, come la geopolitica e gli interessi nazionali, si intrecciano maggiormente nell’era della competizione strategica tra superpotenze. Il piano 2025 della Cina mira all’autonomia strategica in dieci industrie ad alta tecnologia, raggiungendo un tasso di autosufficienza del 70%. Anche Bruxelles punta all’autonomia strategica e il presidente del Consiglio dell’UE Charles Michel la considera “l’obiettivo della nostra generazione”.

Lungi dall’accelerare la transizione dell’ordine economico globale dalla lenta globalizzazione verso un modello più autarchico, la costruzione di catene di approvvigionamento più resilienti e sostenibili modifica innanzitutto la natura della globalizzazione piuttosto che il suo corso. In primo luogo, le prove del reshoring rimangono scarse, anche se è vero che gli ingranaggi della trasformazione della catena di approvvigionamento girano lentamente e può essere necessario del tempo perché i trend sottostanti emergano nei dati macro. La quota delle importazioni in percentuale del PIL dei Paesi OCSE è rimbalzata dopo la recessione causata dal Covid, ma il dato complessivo è rimasto appena al di sotto del trend venticinquennale dell’era della globalizzazione.

Le aziende sembrano invece aver guadagnato tempo per una riprogettazione più drastica della catena di approvvigionamento post-Covid, ricorrendo principalmente al dual sourcing di materiali e aumentando le scorte rispetto ai livelli di vendita, ampliando così il numero di Paesi fornitori. Inoltre, le industrie stanno seguendo l’esempio di Elon Musk, cercando di incrementare la loro resilienza aumentando l’integrazione verticale per assicurarsi input produttivi critici come i minerali delle batterie e la fornitura di semiconduttori.

La tendenza alla lenta globalizzazione emersa dopo la crisi finanziaria globale, con una decelerazione della crescita dei flussi transfrontalieri, è destinata a continuare. In questo caso, spiccano le materie prime agricole, che presentano il beta più negativo rispetto all’intensità del commercio globale (misurata dalla somma delle esportazioni e delle importazioni di beni e servizi globali in percentuale del PIL globale). In un ordine mondiale più frammentato, caratterizzato da un calo dei flussi transfrontalieri, i prezzi agricoli tendono ad aumentare, come abbiamo visto accadere nel 2022, anno in cui la Russia ha invaso l’Ucraina.

Oltre al canale delle materie prime, la lenta globalizzazione in corso nel settore dei beni potrebbe esercitare una pressione inflazionistica netta finché le perdite di efficienza derivanti da un minor grado di ricadute tecnologiche globali, da tariffe più elevate e dalla sostituzione delle importazioni supereranno i guadagni derivanti dall’automazione e dalla rapida digitalizzazione nel settore dei servizi. È significativo che la media mobile quinquennale dell’inflazione dei beni durevoli negli Stati Uniti si sia mossa inversamente all’intensità del commercio globale, diventando di recente positiva dopo aver esercitato una pressione deflazionistica sui prezzi al consumo statunitensi per due decenni, a partire dal 2001, quando la Cina ha aderito all’OMC.