I portafogli previdenziali si ricalibrano sui timori di stagflazione

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Le banche centrali hanno aumentato rapidamente i tassi di interesse in risposta alle dilaganti pressioni sui prezzi. Ma nonostante i loro sforzi, l’inflazione è probabilmente destinata a durare. Ciò sottolinea la necessità per i piani pensionistici di costruire portafogli resilienti all’inflazione, secondo un nuovo rapporto pubblicato da CREATE-Research e dal primo asset manager europeo fra i primi 10 operatori a livello mondiale[1], Amundi.

Lo spettro della “stagflazione” implica un contesto caratterizzato da bassi rendimenti

Interrogato sullo scenario più probabile per l’economia globale post-pandemica, il 50% dei partecipanti all’indagine concorda su uno scenario di “stagflazione”: inflazione elevata e crescita debole.

Lo scenario di “stagnazione secolare” è citato dal 38%. Prevede un ritorno al contesto pre-pandemico: bassa crescita, bassa inflazione, bassi investimenti in beni materiali, disuguaglianze che dilagano e salari stagnanti.

Solo il 12% prevede lo scenario dei “ruggenti anni Venti “. In questo scenario le pressioni sui prezzi dovute alle strozzature dell’offerta si attenuano notevolmente mentre la crescita è significativa, trainata dagli aumenti di produttività legati all’innovazione che mantengono bassa anche l’inflazione.

Il professor Amin Rajan di CREATE-Research, che ha guidato il progetto, ha dichiarato: “Dopo una prolungata era di denaro a buon mercato e rendimenti a due cifre, la brusca impennata dell’inflazione ai suoi massimi da 40 anni nel 2022 nei paesi occidentali ha segnato una svolta. La domanda chiave per i fondi pensione è come ridisegnare i loro portafogli in un mondo caratterizzato da un’inflazione strutturalmente più elevata, da una politica monetaria delle banche centrali meno accomodante e da una maggiore incertezza geopolitica”.

L’aumento delle correlazioni è un fattore che cambia le regole del gioco

La diversificazione ha fallito ancora una volta proprio quando era più necessaria. I grandi sell-off di azioni e obbligazioni si sono mossi di pari passo nel 2022. La correlazione tra obbligazionario e azionario è diventata positiva nella fase di crescita dell’inflazione. Dovrebbe tornare in territorio negativo con la normalizzazione dell’inflazione ma persisterà un certo livello di instabilità, guidando cambiamenti nell’asset allocation.

Il primo cambiamento vede favoriti gli asset che proteggono dall’inflazione, soprattutto nei mercati privati, con circa un partecipante al sondaggio su due che aumenterà le allocazioni nel real estate e nelle infrastrutture.

Il secondo intensificherà la ricerca di rendimenti migliori quando i grandi movimenti di mercato creeranno occasioni per gli asset in difficoltà, come ha affermato un partecipante al sondaggio: “I mercati obbligazionari probabilmente offriranno buone opportunità di acquisto con i cosiddetti angeli caduti”. Secondo il 58% dei partecipanti, la flessibilità del portafoglio e l’attenzione alle riserve di liquidità da preservare per futuri investimenti guideranno gli investimenti dinamici, ridisegnando il tradizionale approccio 60/40.

Il terzo cambiamento prevede una maggiore diversificazione a livello regionale, poiché i mercati chiave si desincronizzano a causa delle differenze nelle prospettive di inflazione. Il 43% dei piani pensionistici prevede di aumentare la propria esposizione ai mercati sviluppati, mentre il 40% preferisce i mercati emergenti. L’ascesa della Cina come superpotenza economica diventa un tema chiave da considerare come allocazione di portafoglio indipendente.

L’ultimo cambiamento riguarda il rilancio degli investimenti value. In presenza di elevate correlazioni tra azioni e obbligazioni, il 42% ritiene che la diversificazione basata su fattori di rischio tornerà ad affermarsi.

Monica Defend, Head of Amundi Institute, sottolinea: “L’inasprimento della politica monetaria e il rischio di recessione economica hanno reso i mercati finanziari molto volatili, compresi i tradizionali beni rifugio.  Il tradizionale portafoglio 60/40 deve incorporare nuove caratteristiche, come un’inflazione strutturale più elevata, banche centrali meno accomodanti, la frammentazione economica, e temi emergenti di lungo periodo come la trasformazione industriale, il rimodellamento della catena del valore e l’autonomia strategica. A tale riguardo, le azioni ad alto dividendo, gli investimenti tematici e gli asset reali diventano cruciali.”

Le azioni globali saranno il motore di crescita dei portafogli

Solo l’11% dei partecipanti al sondaggio ritiene che l’impatto dell’inflazione sul proprio portafoglio d’investimento sarà positivo, mentre il 59% afferma che sarà negativo. Per quanto riguarda i rendimenti degli asset nei prossimi tre anni, il 59% ritiene che saranno di gran lunga inferiori a quelli dell’ultimo decennio. Pertanto, l’asset allocation si articola adesso su tre pilastri, ciascuno con un obiettivo distinto: un rendimento totale accettabile, la protezione dall’inflazione e la conservazione del capitale.

Il 70% ritiene le azioni globali il principale motore di crescita dei portafogli e l’asset class più adatta a generare rendimenti totali accettabili (a patto che l’inflazione non si mantenga al di sopra del 5%).

Per la protezione dall’inflazione, i piani pensionistici si stanno riorientando verso asset reali nei mercati privati, in particolare il settore immobiliare (49%) e le infrastrutture (49%). Tuttavia, questa scelta non è priva di sfide, data la capacità limitata di questi asset e la loro intrinseca illiquidità, che riduce la flessibilità del portafoglio.

La metà degli intervistati (44%) preferisce i titoli di Stato statunitensi come copertura contro gli asset rischiosi, seguiti dai titoli di Stato europei (40%) e dai titoli di Stato cinesi (36%).

Il ritorno ai fondamentali favorirà i fondi tematici

Mentre si profila una recessione globale e le banche centrali ritirano liquidità, si è intensificata la ricerca di fonti prevedibili di creazione di valore. I riflettori sono puntati su quei settori che vengono rimodellati dai megatrend che cambiano le nostre vite e portano innovazioni dirompenti, trasformano i modelli di business, ridisegnano le politiche pubbliche e aziendali.

Il 46% dei partecipanti al sondaggio si aspetta un premio tematico nel mondo post-pandemico in larga misura, e un ulteriore 35% se lo aspetta in certa misura. Di conseguenza, il 60% prevede di aumentare le proprie allocazioni in fondi tematici.

Per quanto riguarda i temi specifici, l’ambiente, il sociale e la governance sono in cima alla lista e sono preferiti dal 76% degli intervistati. Altri temi degni di nota sono l’assistenza sanitaria/tecnologia sanitaria (50%), la genomica e le biotecnologie (32%) e l’invecchiamento della popolazione (38%). In questo caso, l’attenzione si concentra sull’accelerazione delle scoperte mediche e sulla loro rapida commercializzazione, come è accaduto con il vaccino Covid-19.

I fondi passivi e attivi diventeranno complementari

Dopo oltre un decennio di forti venti favorevoli, i fondi passivi sembrano aver mantenuto una forte attrattiva per i piani pensionistici nell’attuale turbolenza dei mercati. Tra i fattori chiave figurano il minor costo (86%), il loro ruolo di efficace strumento di liquidità e di copertura (56%) e di diversificazione a livello internazionale in caso di desincronizzazione dei principali mercati dei capitali (49%).

In ogni caso, negli investimenti non esistono fondi per tutte le stagioni e i passivi non fanno eccezione. Negli ultimi 13 anni hanno prosperato nel contesto eccezionale dei tassi d’interesse a zero. Ora i tassi sono in aumento e il ruolo delle banche centrali nel sostenere i mercati sta diminuendo. Nell’indagine emergono alcuni limiti degli investimenti passivi, poiché i partecipanti ritengono che la gestione passiva si basi troppo sui vincitori di ieri e che tenda a gonfiare eccessivamente le valutazioni.

Quindi il contesto sta diventando positivo per i gestori attivi. Inoltre, con la riduzione del sostegno da parte delle banche centrali, è probabile che i prezzi di mercato si ricolleghino ai loro fondamentali e favoriscano una gestione attiva. I prezzi dei componenti degli indici non si muovono più in blocco, creando così opportunità per i gestori attivi di sovraperformare attraverso lo stock picking.

Tuttavia, il 52% ritiene che fondi attivi e passivi siano complementari in un portafoglio diversificato.

In prospettiva, il 29% prevede di aumentare la propria quota di fondi passivi, il 16% di ridurla e il restante 55% di mantenerla stabile.

 


L’indagine si basa sulle risposte di 152 piani pensionistici di 17 giurisdizioni, che gestiscono un patrimonio di 1.980 miliardi di euro. L’obiettivo è fare luce su come i piani pensionistici stanno reagendo, mentre i loro portafogli sono colpiti dall’impatto sui mercati dell’ultima impennata dell’inflazione.