Tetto del debito USA, come potrebbe impattare sul reddito fisso?
La questione del tetto del debito statunitense non è di certo nuova, avendo già assistito a questa situazione numerose volte in passato: un atteggiamento politico che tende al punto di rottura prima che venga trovato un compromesso dell’ultimo minuto. Lo scenario politico dell’attuale negoziato sul tetto del debito è a dir poco traballante e un default accidentale rimane un rischio chiave (anche se non è il nostro scenario di base) data l’incertezza sulla “data X”, ovvero il giorno in cui il governo statunitense esaurirà la propria capacità di prestito.
La storia può essere una guida utile e infatti sono stati fatti paragoni con eventi simili risalenti al 2011, quando il tetto del debito fu innalzato con soli due giorni di anticipo. La reazione del mercato è stata legata a una grave perdita di fiducia, con i Treasury statunitensi in rally nonostante la perdita dello status di AAA, le valute rifugio che hanno sovraperformato e gli spread creditizi che si sono allargati.
Tuttavia, dobbiamo fare attenzione a fare paragoni diretti con questo periodo: il contesto di mercato era molto diverso all’epoca. L’Eurozona stava affrontando sfide complesse, con un significativo allargamento degli spread periferici che ha portato a un indebolimento di altri asset ciclici.
Questa volta, ci stiamo avvicinando alla fine del ciclo di rialzo più aggressivo degli ultimi 40 anni e i tassi di interesse sono già molto più alti. Allo stesso modo, anche i dati sull’attività degli Stati Uniti si stavano deteriorando bruscamente, rendendo più difficile distinguere alcuni dei fattori di mercato in quel momento.
Inoltre, in questa occasione, esiste anche un ulteriore vento contrario per la crescita che deriva dall’inasprimento delle condizioni di credito, a seguito delle recenti turbolenze nel settore bancario regionale statunitense.
Finora il mercato si è dimostrato piuttosto ottimista nei confronti dei rischi attuali. I T-Bill con scadenza intorno alla data X prevista si sono notevolmente svalutati e i Credit Default Swap sovrani statunitensi sono scambiati con uno spread più ampio rispetto al 2011, anche se non si tratta di un confronto utile in termini di probabilità di default, dato il contesto molto diverso dei tassi di interesse. Tuttavia, la volatilità degli asset di rischio e delle valute rimane per ora contenuta, in linea con l’opinione che alcuni mercati stiano sottovalutando questi rischi.
I mercati tendono a reagire in modo più aggressivo in prossimità della data X
La storia mostra che la volatilità aumenta più ci si avvicina alla data X. Sebbene il mercato sia consapevole della situazione in corso, è possibile che questa volta la volatilità aumenti prima. In base alla nostra analisi, vedremmo i mercati prezzare un rallentamento ciclico più intenso, che porterebbe a un allargamento del credito. In altre parole, l’high yield sottoperformerà l’investment grade, i titoli di Stato entreranno in rally e il dollaro USA si indebolirà, soprattutto nei confronti di valute difensive come lo yen giapponese.
Vale la pena notare, tuttavia, che questa volta la Federal Reserve ha maggiori possibilità di tagliare i tassi di interesse, il che potrebbe avere implicazioni diverse sulla forma della curva. Nel 2011, il rischio era quello di un appiattimento della curva.
La politica determinerà le mosse del mercato
È probabile che venga concesso un periodo di proroga per consentire una negoziazione più significativa. Anche se questo potrebbe fornire un periodo di sollievo ai mercati, non segnerà la fine di questa situazione e l’incertezza è destinata a persistere.
Un colpo alla fiducia che contribuisce al rallentamento della crescita globale e a un periodo di disinflazione, che probabilmente eserciterà una pressione al ribasso sui rendimenti dei titoli di Stato. Tuttavia, uno scenario di mercato più volatile si presta a un posizionamento più agile e a un attento dimensionamento delle posizioni.