A rischio il 2024 del vino italiano, fotografia di Gambero Rosso su viticoltura e raccolti decimati dalle fitopatie

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Tra le tante lame che pendono sull’economia italiana, c’è anche la vendemmia 2023. Cinquanta milioni di ettolitri prodotti nel 2022 e 50 in giacenza a giugno 2023, in un quadro generale di vendite, consumi ed export in diminuzione, con un surplus di prodotto che generato un ribasso dei prezzi del vino base. Come se non bastasse, in un mercato dominato dall’inflazione, le ferite aperte in primavera dalla peronospora sui circa 700mila ettari di vigneto nazionale sono destinate a pesare sull’imminente campagna. Per certi versi, produrre meno vino potrebbe sbloccare il mercato, ma la congiuntura è comunque da incubo per le imprese vitivinicole.

E’ questa la prima parte del sondaggio pre-vendemmia (la seconda dedicata al Centro-Nord sarà pubblicata il 27 luglio), realizzato nella seconda decade di luglio dal settimanale Tre Bicchieri attraverso la voce dei Consorzi di tutela delle principali Dop da cui emerge un senso di forte preoccupazione per il 2023/24. Gli improvvisi voltafaccia del meteo, passato da un inverno con scarsa piovosità a una primavera con precipitazioni eccezionali e, poi, a un’estate con temperature sahariane, hanno aumentato nella base produttiva la sensazione di impotenza di fronte alla crisi climatica. Una cosa, a detta di tutti, è certa: si raccoglieranno meno uve e si produrrà meno vino.

La virulenza delle fitopatie in vigna ha lasciato segni indelebili. Soprattutto al Centro-Sud, dove diversi attacchi di infezioni fungine come non si registravano da anni, in particolare nei versanti adriatico e ionico dello Stivale, hanno trovato impreparati alcuni areali.

Tra le situazioni più preoccupanti, quella dei consorzi abruzzesi del Trebbiano e Montepulciano sotto attacco con una stima di produzione in calo del 30%. Il paradosso è che a essere interessate sono state non tanto le varietà precoci ma i vitigni simbolo del territorio, come trebbiano e montepulciano d’Abruzzo.

Segue a ruota l’Umbria, con la Dop Montefalco in calo tra 20% e 40% rispetto a un 2022 generoso. Tuttavia, l’ente presieduto da Giampaolo Tabarrini trova anche i risvolti positivi: le piogge abbondanti sono state un bene, considerando che il territorio veniva da una stagione di siccità e stress idrico, e hanno favorito la fase vegetativa, con la formazione di abbondanti germogli e legno, fondamentale per le prossime potature.

La Toscana invece appare in linea con i suoi Gallo Nero e Chianti Docg, con una produzione stimata in linea col 2022, a 260mila ettolitri, per il Consorzio del Chianti Classico con le cantine che hanno dovuto ricorrere agli straordinari sui 7.200 ettari, per contenere la peronospora tra maggio e giugno. Mentre il Consorzio del Brunello di Montalcino è prudente rispetto ai volumi attesi.

Scendiamo poi nel Lazio dove la Dop Frascati è colpita a macchia di leopardo con una stima inferiore di circa il 30%. Poco ma ottimo: “Ad oggi” scrivono dal Consorzio “ci sono i presupposti per un annata di alto profilo qualitativo”. La raccolta è in ritardo di 10 giorni sulle medie.

Segue con dati preoccupanti la Calabria, verso lo stato di calamità naturale, su richiesta delle associazioni agricole. Le fitopatie sono esplose per le precipitazioni eccezionali di maggio e giugno e per l’impossibilità di fare i trattamenti.

Non è diversa la situazione in Campania con Irpinia e Sannio anche loro a dura prova: il contesto eccezionale ha richiesto massima flessibilità negli interventi contro le fitopatie e lo stato fitosanitario continua tuttora a destare preoccupazione.

Si arriva poi in Basilicata, con casi di perdite del raccolto del 100% considerati gli effetti di oltre 45 giorni di piogge con una situazione delicata nel distretto della Dop dell’Aglianico del Vulture.

Anche la Puglia anticipa, dopo il record del 2022, cali tra -30% e -40% dovuti al meteo in primavera e con una flessione inferiore del Consorzio del Salice Salentino.

Tiene invece la Sicilia dove la doc regionale e l’Etna contengono le fitopatie con una raccolta posticipata, mentre in Sardegna i danni sembrano essere concentrati nel Nuorese anche se le perdite potrebbero essere superiori se perdurerà la siccità e le alte temperature su vigneti non irrigati.