Fed: non saranno le elezioni presidenziali a indirizzare la politica monetaria

-

Nel corso del 2024, l’andamento dei tassi d’interesse e dei mercati sarà influenzato soprattutto dall’evoluzione di indicatori macroeconomici come inflazione, Pil e tasso di disoccupazione negli Stati Uniti. Crediamo che il fattore politico, in particolare quello fiscale, entrerà in gioco a partire dal 2025, poiché, a seconda di chi si insedierà alla Casa Bianca, potremmo assistere a diversi sviluppi in termini di politiche fiscali per le imprese, debito pubblico e deficit di bilancio. Il fatto che il 2024 sia un anno di elezioni presidenziali non rappresenta, di per sé, un ostacolo per la Fed, come dimostrano i rialzi dei tassi decisi nel 2016, nel 2018 e nel 2022, sempre in occasione di elezioni presidenziali o di mid-term.

Al momento, i mercati finanziari sono ai loro massimi storici, il tasso di disoccupazione negli Usa è stabile, mentre l’inflazione, seppur in calo, è ancora lontana dall’obiettivo del 2% della Fed. Riteniamo che, in linea con uno scenario di “soft landing”, nel corso dei prossimi nove mesi il tasso di disoccupazione rimarrà al di sotto del 4%, mentre dovremmo assistere a una progressiva moderazione della dinamica inflattiva. Con una crescita del reddito nominale del 5/6% su base annua, i consumatori americani tenderanno a spendere in beni e servizi più che a risparmiare. L’aumento dei consumi, insieme a quello dell’edilizia ad uso abitativo, dell’industria manifatturiera e della spesa pubblica, dovrebbe alimentare la crescita complessiva e allontanare il rischio di una recessione, rendendo meno urgente un taglio dei tassi da parte della banca centrale statunitense.

Il contesto attuale gioca a favore del reddito fisso, che presenta rendimenti di base elevati: chi investe in Treasury Usa oggi può ottenere ritorni del 5-5,25%, il risultato migliore degli ultimi 16 anni. L’assenza di recessione dovrebbe poi favorire i bond high yield, con ottimi rendimenti complessivi grazie a cedole interessanti.