Candriam – Con un’economia in continua crescita, le banche centrali restano caute

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Quest’estate è iniziata all’insegna di una continuazione del trend di crescita, ma il suo ritmo rimane disomogeneo tra paesi e regioni. L’Eurozona sta facendo lenti progressi, mentre la crescita negli Stati Uniti, ancora vicina al 2%, sembra rallentare leggermente. Laddove le pressioni inflazionistiche si sono fatte sentire, queste hanno continuato ad attenuarsi nel corso dei mesi, aprendo la strada a un cauto allentamento della politica monetaria.

Stati Uniti: La Fed resta cauta

Negli Stati Uniti la crescita è proseguita all’inizio dell’anno, sostenuta da consumi ancora solidi. Il dinamismo della creazione di posti di lavoro gioca un suo ruolo: lungi dal rallentare, il numero di nuovi posti di lavoro è aumentato in termini mensili e stabilizzandosi nell’arco di tre mesi, da meno di 200.000 nel novembre 2023 a quasi 250.000 nel maggio 2024. Tuttavia, l’arrivo sul mercato del lavoro di un numero sempre crescente di lavoratori migranti ha impedito che questo si restringesse e ormai da diversi mesi il tasso di disoccupazione è in graduale aumento. Il passato inasprimento delle condizioni finanziarie dovrebbe ora contribuire a rallentare la crescita. I tassi di interesse sul credito al consumo sono elevati e le insolvenze relative all’uso di carte di credito sono aumentate in modo significativo. Inoltre, tassi ipotecari ancora elevati e l’aumento dei prezzi delle case dovrebbero pesare sugli investimenti residenziali. Per quanto riguarda il sostegno fornito dalla spesa pubblica e dall’attuazione dell’Inflation Reduction Act, questo sta gradualmente scemando. In questo contesto, si prevede che la crescita rallenterà da una media del 2,5 % nel 2024 all’1,7 % nel 2025.

Detto ciò, la Federal Reserve ha tutte le ragioni per rimanere cauta: l’inflazione dei servizi, anche se si è attenuata a maggio, è ancora troppo elevata rispetto al livello target. Se l’allentamento del mercato del lavoro continuerà, la Federal Reserve dovrebbe ancora essere in grado di tagliare i tassi di interesse due volte quest’anno, di cui il primo a settembre. In merito alla politica migratoria, Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo che, se attuato, ridurrebbe di 85.000 persone al mese il numero di lavoratori che entrano illegalmente negli Stati Uniti. Più in generale, la politica economica da seguire dopo le elezioni del 5 novembre potrebbe, tuttavia, modificare significativamente l’andamento della crescita e dell’inflazione nel 2025 e di conseguenza la politica monetaria.

Eurozona: verso una ripresa sostenibile dell’attività?

Dopo due anni di inflazione elevata e attività stagnante, l’economia dell’Eurozona sta mostrando segnali di miglioramento. Nel primo trimestre il PIL è cresciuto a un tasso annuo dell’1,3% e i sondaggi PMI indicano che è in corso una ripresa. L’aumento del potere d’acquisto delle famiglie dovrebbe, in definitiva, sostenere i consumi e quindi la ripresa dell’attività economica: dopo lo 0,6 % nel 2023, la crescita dovrebbe accelerare gradualmente fino allo 0,8% nel 2024 e leggermente al di sopra dell’1% nel 2025.

Il dato più significativo riguarda l’inflazione, che a maggio è scesa drasticamente al 2,6% su base annua. Dato questo miglioramento, all’inizio di giugno la Banca Centrale Europea ha deciso di tagliare i tassi per la prima volta dal 2019. La diminuzione dell’inflazione, infatti, non è dovuta esclusivamente al calo dei prezzi dell’energia; anche l’inflazione core (calcolata al netto di energia e alimentari) è diminuita significativamente. Ciò è particolarmente vero per i beni i cui prezzi sono aumentati notevolmente a causa della grave interruzione delle catene di approvvigionamento avvenuta a seguito della pandemia. Il loro ritorno a un funzionamento più normale ha posto fine a questo aumento. Nell’ambito dei servizi, i progressi sono stati più contenuti. Sicuramente per quelli a basso contenuto di manodopera, l’inflazione è tornata a un regime quasi in linea con le aspettative della Bce. Questo, però, non è ancora il caso di quei servizi dove la manodopera rappresenta una percentuale elevata dei costi di produzione. Affinché il processo di disinflazione continui, come spera la banca centrale, un rallentamento dei salari è ora necessario ma non sufficiente. Anche gli incrementi di produttività, fermi dal 2017, necessitano di una ripresa. Nei prossimi trimestri, l’accelerazione dell’attività dovrebbe aiutare, soprattutto perché le aziende hanno accumulato manodopera dopo la pandemia. Oltre a ciò, tuttavia, senza una ripresa degli incrementi di produttività, la banca centrale potrebbe avere difficoltà a continuare a tagliare i tassi. Come la Federal Reserve, la Banca Centrale Europea ha tutte le ragioni per rimanere cauta.