Mercati finanziari: le valutazioni sfidanti richiedono maggior cautela
Agosto ha portato con sé un “growth scare” ovvero una maggiore apprensione degli analisti per la crescita economica, accompagnata da oscillazioni di mercato enfatizzate dal posizionamento errato dei così detti carry trades (quello più eclatante è stato il caso del Giappone). Tuttavia, gran parte della correzione del 9% delle azioni globali è stata recuperata entro la fine del mese di agosto. Mentre i bond hanno mantenuto guadagni intorno al 2-3% per i titoli di Stato dell’Eurozona e degli Stati Uniti. Dunque, la questione sospesa è se a livello macro queste nuove preoccupazioni siano un’altra oscillazione della percezione degli analisti all’interno della variazione di scenari di soft-landing, o qualcosa di più grave e profondo forse legato alla fine del supporto fiscale degli stati uniti o all’effetto ritardato delle restrizioni monetarie.
Noi siamo nel primo campo, cioè le nostre preoccupazioni di crescita sono semmai più acute in Cina, ma siamo invece convinti che, per quanto un rallentamento dei consumi americani sia fisiologico (una volta terminate le sovvenzioni pubbliche in primavera), la crescita si attesterà comunque intorno all’1,5% per il 2025; certamente meno del 2,5% di quest’anno ma poco al di sotto del potenziale che sta intorno all’1,8%. Semmai la competizione elettorale negli USA introduce un’incertezza nel quadro fiscale, con Trump che in caso fosse eletto rappresenterebbe una combinazione peggiore di crescita e inflazione con tariffe e politica sull’immigrazione.
Riconosciamo che i rischi di rallentamento sono diventati un po’ più evidenti, o comunque percepiti, forse anche per gli effetti ritardati del restringimento monetario. Ma lo scenario di base resta quello del soft-landing: un atterraggio morbido su una tendenza sostenibile di crescita e inflazione. Questione altrettanto importante è la reazione delle Federal Reserve a questi segnali contrastanti; certo è che dopo il simposio di Jackson Hole dovrebbero esserci pochi dubbi sul cambiamento della posizione di reazione a favore del supporto incondizionato all’occupazione – con il tasso di disoccupazione aumentato di mezzo punto quest’anno (al 4,2 dopo i dati di agosto). Sarà sufficiente l’intervento della Fed a mantenere la crescita vicina al potenziale?
Anche qua favoriamo una lettura costruttiva, in quanto un’economia con poco debito privato dovrebbe essere reattiva al ciclo di allentamento monetario che ci attende. Su questo il mercato ha però già gettato il cuore oltre l’ostacolo, incorporando aspettative di ribassi veloci, molto più veloci di quanto non scontavamo per esempio a luglio, con 5 tagli entro i prossimi 6 mesi e un totale di 2 punti e mezzo nei prossimi 2 anni. Stiamo quindi parlando di 4 tagli in più previsti dal mercato, rispetto a quanto stimato a inizio luglio. Un bel cambiamento.
Difficile dunque andare oltre quanto prezzato dal mercato. Il reddito fisso si può dire abbia già pienamente incorporato la così detta “put” della Fed: ovvero, la maggiore disponibilità a intervenire in caso di macroeconomia debole. La riduzione dei tassi sarebbe più profonda solo in caso di una recessione che al momento non è nello scenario di base. Le valutazioni di mercato sono quindi oggi ancora più sfidanti del mese scorso, sia per le azioni dei mercati sviluppati che per i bond, in quanto gli indici azionari sono tornati a prezzare quasi uno scenario di no-landing, mentre i bond sembrano incorporate una certa probabilità di recessione. Il rendimento del decennale americano T-Note al 3,8, ad esempio, è abbastanza sensibilmente al di sotto della nostra stima di fair value (noi siamo intorno al 4,10). Inoltre, le prospettive sugli utili per azione sono peggiorate, con la nostra stima per il 2025 ben al di sotto del consenso di mercato.
Pertanto, riteniamo oggi indispensabile adottare una maggiore cautela sul fronte dell’esposizione azionaria, rispetto a una prima parte dell’anno fatta invece in sovrappeso. A livello settoriale abbiamo un po’ ridotto i temi vincenti dei semestri scorsi legati all’intelligenza artificiale e ai semiconduttori, a vantaggio dei finanziari che riteniamo essere un po’ più sottovalutati rispetto a quello che potrebbe configurarsi quale nuovo regime di tassi più interessanti per l’attività bancaria. Da ultimo, non inseguiamo le obbligazioni di Stato per quanto detto sopra, in particolare quelle americane (meglio eventualmente il Bund tedesco), mentre il credito dovrebbe cavarsela ancora egregiamente per qualche trimestre.