Market outlook: il mercato statunitense continua a offrire migliori opportunità di investimento rispetto all’europa

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Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, il mese di settembre è andato bene sui mercati globali dei capitali. L’indice azionario globale, l’S&P 500 statunitense e il DAX tedesco hanno registrato una buona performance. L’Eurostoxx 600 in Europa e il mercato giapponese hanno invece registrato un leggero calo. A livello internazionale, tuttavia, si è distinto in particolare il mercato cinese. La borsa di Hong Kong è salita di oltre il 17% (in euro), favorita dalle misure di stimolo annunciate dal governo cinese.

Riteniamo improbabile una recessione negli Stati Uniti o una crisi dei mercati finanziari, per cui rimaniamo generalmente positivi sui mercati nel breve e medio termine. I mercati azionari potrebbero tornare a salire, soprattutto dopo le elezioni americane. Uno scenario simile a quello della metà degli anni ’90, ossia una moderata riduzione dei tassi d’interesse negli Stati Uniti in assenza di una recessione, è ancora realistico. L’inflazione è in calo e si prevedono ulteriori tagli dei tassi, ma riteniamo che le attese          del mercato sui prossimi tagli dei tassi siano troppo ottimistiche. Per quanto riguarda i possibili tagli dei tassi di interesse nel 2025, l’incertezza strategica della BCE sembra essere maggiore di quella della Fed. È ipotizzabile che la BCE debba fare di più nel 2025 a causa dei problemi strutturali di crescita dell’Eurozona, che potrebbero anche deprimere l’euro. Non sono quindi necessarie coperture più ampie in dollari.

Le opportunità di investimento nel mercato azionario continuano a essere più promettenti negli Stati Uniti rispetto all’Europa, grazie al potenziale di crescita strutturale che rimane più elevato oltre oceano. Pertanto, il mercato statunitense offre prospettive di investimento migliori, soprattutto nel medio termine. Vediamo inoltre interessanti opportunità nelle azioni di aziende il cui modello di business è ampiamente indipendente dall’andamento dell’economia generale e che presentano margini di profitto elevati.

Guardando a un orizzonte temporale più ampio, ci sono pochi motivi per pensare che i mercati azionari non possano registrare performance comparabili a quelle degli ultimi dieci anni. E anche il settore bancario globale, in particolare quello statunitense, appare ben posizionato da un punto di vista strutturale.

In merito alle grandi aziende tecnologiche – i cosiddetti “Magnifici Sette” – e a quelle impegnate nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, oggi non vediamo segnali di eccessivo rialzo. Pertanto pensiamo che gli attuali leader del mercato, con ogni probabilità, continueranno a mantenere la loro posizione dominante anche in futuro.

Per quanto riguarda il mercato obbligazionario, i titoli emessi da società di alta qualità, specialmente con scadenze intermedie, rappresentano oggi una valida alternativa d’investimento.

Infine, l’oro si conferma ancora oggi un’importante riserva di valore, rimanendo tra gli asset reali più convertibili. La sua tendenza al rialzo dovrebbe quindi proseguire nel medio termine.

I rischi per gli investimenti includono la probabilità di una recessione nell’economia statunitense, anche se al momento non è il nostro scenario di base. Ci sembrano poi eccessivamente ottimistiche le aspettative del mercato sui prossimi tagli dei tassi d’interesse.

In Europa, e in particolare in Germania, permangono sfide strutturali che potrebbero frenare la crescita economica. Nel caso tedesco, gli elevati costi dell’energia, i salari alti, il peso della burocrazia e la mancanza di flessibilità mettono a rischio la competitività di molte industrie. Manca poi la consapevolezza politica che la Germania deve prendere delle contromisure, soprattutto per quanto riguarda il costo del lavoro.

A livello globale, il principale rischio geopolitico continua a essere rappresentato dalla Cina. La debolezza della sua crescita economica, nonostante i recenti stimoli, potrebbe riaccendere pressioni inflazionistiche se il Paese non fosse più in grado di esportare a prezzi bassi a causa di eventuali nuovi dazi commerciali.