Mercati Emergenti: Effetti positivi dal taglio dei tassi FED?

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Quest’anno non c’è stato alcun segno di calma estiva sui mercati finanziari. All’inizio di agosto i mercati azionari sono calati bruscamente, soprattutto in Giappone e negli Stati Uniti. Tuttavia, questo è stato immediatamente seguito da una forte ripresa che, dopo una breve pausa, è proseguita anche a settembre.

Nell’universo dei mercati emergenti, ad esempio, i mercati azionari di India e Ungheria hanno raggiunto nuovi massimi storici. I timori di una recessione negli Stati Uniti si sono rapidamente dissipati grazie a nuovi e più solidi dati economici e una buona stagione dei bilanci societari (non solo negli Stati Uniti) ha fatto il resto.

Taglio dei tassi FED: Effetti positivi per i mercati emergenti?

Il recente taglio dei tassi di interesse, pari a 50 punti base, è stato il più alto dalla crisi finanziaria globale del 2008/2009, motivo per cui il governatore della Fed Powell ha cercato in tutti i modi di dissipare l’impressione che si trattasse di una “reazione di panico” da parte della Fed, sottolineando la solidità dell’economia statunitense. I mercati finanziari hanno inizialmente reagito positivamente. Finché i dati economici suggeriranno che si è trattato principalmente di una mossa preventiva sui tassi d’interesse (e ci sono buoni argomenti concreti per abbassarli), è probabile che il sentiment degli investitori rimanga favorevole.

Per i mercati emergenti, questo dovrebbe tradursi in un impatto positivo sia sulle azioni che sulle obbligazioni. Sia i rendimenti dei titoli di Stato statunitensi che il dollaro USA dovrebbero proseguire la loro già iniziata tendenza al ribasso. Anche se probabilmente continueranno a calare solo in misura moderata, tutta l’esperienza storica suggerisce che ciò dovrebbe avere un effetto favorevole sulle azioni e sulle obbligazioni della maggior parte dei mercati emergenti. Anche quest’anno i mercati emergenti hanno accumulato un notevole ritardo rispetto alle azioni dei mercati sviluppati, con una crescita del valore pari a circa la metà dei mercati sviluppati (poco meno del 9% contro oltre il 16%, in dollari). È possibile che questo divario di performance si riduca nei prossimi trimestri. Anche le valutazioni relative delle azioni parlano a favore di questa ipotesi. Tuttavia, gli indicatori anticipatori dell’industria manifatturiera globale sembrano ancora contrastare con questo scenario. Continuano a puntare verso il basso o a indicare un nuovo rallentamento. Tuttavia, se dovessero tornare a salire nei prossimi mesi, fornirebbero un’ulteriore spinta ai mercati emergenti.

Mercati emergenti più eterogenei che mai

In questo contesto, non si sottolineerà mai abbastanza che i titoli azionari dei mercati emergenti sono più eterogenei che mai, anche se vengono considerati come un’unica asset class. Pertanto, tali affermazioni generali possono fornire un quadro di riferimento solamente approssimativo. Le economie esportatrici di materie prime, ad esempio, si comportano in modo molto diverso da paesi come la Cina o l’India. Anche questi due pesi massimi dell’universo dei mercati emergenti sono molto diversi fra loro.

La Cina continua alle prese con la sovra-capacità

La Cina, ad esempio, è oggi responsabile di circa un terzo della produzione industriale globale, ma è alle prese con una notevole sovra-capacità. Inoltre, sono sempre più numerose le società e gli investitori stranieri che si ritirano dal Paese. Naturalmente, anche la geopolitica gioca un ruolo importante: la Cina è da tempo nel mirino degli Stati Uniti ed è quindi soggetta a rischi maggiori. L’India, invece, è da anni uno dei paesi preferiti dagli investitori. Questo nonostante il fatto che il mercato indiano sia stato costantemente più “costoso” della media in termini di valutazioni.

L’India rimane una delle mete preferite dagli investitori

A differenza della Cina, l’India viene corteggiata come partner da Washington. Finora, tuttavia, è riuscita a mantenersi indipendente e ha mantenuto aperte relazioni economiche lucrative con (quasi) tutti. Quest’anno, tuttavia, la regione più debole tra i mercati azionari emergenti non è stata la Cina, bensì l’America Latina, a causa dei possibili rischi legati alle elezioni presidenziali statunitensi.

Attualmente i mercati dell’Europa centrale e orientale si collocano a metà strada tra India, Cina e America Latina. Se da un lato non hanno il grande vantaggio demografico e lo slancio di crescita dell’India; dall’altro, possono vantare una maggiore certezza del diritto e migliori infrastrutture. Inoltre il loro legame con l’UE garantisce una maggiore stabilità finanziaria. D’altro canto, sono attualmente gravati dal conflitto in Ucraina e dalla loro vicinanza geografica alla Russia, nonché dall’attuale debolezza generale della crescita nell’intera regione europea.

Cambiano, dunque, i protagonisti tra i mercati emergenti?

In larga misura, ovviamente, gli attuali livelli di valutazione dei rispettivi mercati azionari riflettono queste prospettive o queste “istantanee”. È molto probabile che nel medio-lungo termine si verifichino cambiamenti significativi. La classifica futura delle performance dei mercati emergenti, quindi, molto probabilmente non assomiglierà molto a quella registrata finora