Trump e l’Europa
Il risultato netto delle elezioni presidenziali statunitensi introduce una serie
di incertezze per l’Europa. In termini di politiche economiche, Trump ha
condotto la sua campagna elettorale proponendo una riduzione delle
tasse, la deregolamentazione, una posizione più dura sull’immigrazione e
l’introduzione di dazi.
Tra queste misure, i dazi rappresentano l’elemento più rilevante per
l’economia europea. Gli Stati Uniti sono infatti il più grande partner
commerciale dell’Unione europea (UE) in termini di valore aggiunto, poiché
rappresentano circa il 15% delle esportazioni dell’UE.
La portata è difficile da valutare, poiché dipende dall’implementazione e
dalle negoziazioni, che probabilmente saranno lunghe e complesse, con la
possibilità di misure di ritorsione a breve termine. Inoltre, non si tratta solo
di dazi diretti.
La Cina sarà infatti il primo bersaglio della politica commerciale della nuova
amministrazione, con l’introduzione di dazi potenzialmente fino al 60%.
Questo potrebbe portare a una domanda di prodotti europei più debole da
parte della Cina, che oggi rappresenta circa il 10% delle esportazioni dell’UE.
Guardando la questione dal punto di vista dei mercati azionari, circa un
quarto dei profitti generati dalle società europee quotate sono realizzati
negli Stati Uniti, quindi una escalation delle tensioni commerciali avrebbe
certamente un impatto tangibile sugli utili.
Tuttavia, gran parte del fatturato ottenuto oltreoceano delle società europee
è costituito da servizi che non saranno soggetti a dazi, mentre la maggior
parte dei beni venduti negli Stati Uniti è prodotta localmente anziché
esportata dal vecchio continente. Pertanto, almeno per le società quotate,
la quota effettiva delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti è inferiore
a quella apparente.
Resta il rischio di una guerra commerciale su larga scala. Nel 2018-19 le
azioni europee sono scese in media del 7% durante i tre episodi di escalation
commerciale tra Stati Uniti e Cina, mentre i settori ciclici esposti alla Cina,
come i materiali e i beni di consumo discrezionali, sono scesi di oltre il 10%.
Oltre agli impatti diretti, ci potrebbero essere riflessi in termini di perdita di
fiducia da parte delle aziende. Minori investimenti aziendali in conto capitale
Il presente rapporto è stato elaborato da UBS Europe SE, Succursale Italia. Vi preghiamo di leggere i commenti di
natura legale in coda al documento. potrebbero rappresentare un freno significativo per l’economia, che è già
prevista crescere a un ritmo ridotto, inferiore all’1% nei prossimi anni.
Inoltre, in questo nuovo contesto i Paesi europei dovranno destinare più
risorse alla propria difesa nei prossimi anni, poiché il supporto a lungo termine
degli Stati Uniti non può più essere garantito. I vincoli di spesa militare per la
partecipazione alla NATO dovranno essere rispettati in maniera più rigorosa
ma, in considerazione della riduzione dei deficit di bilancio richiesta dal nuovo
Patto di stabilità, questi impegni potrebbero sottrarre ulteriori risorse agli
investimenti per la crescita.
La fine del conflitto tra Russia e Ucraina, come indicato in precedenza
da Trump, potrebbe invece avere impatti economici positivi. Sebbene le
implicazioni siano incerte, per esempio riguardo i dazi nei confronti della
Russia, tale evento potrebbe ridurre la volatilità dei prezzi delle materie prime
energetiche e, a lungo termine, riaprire un mercato attualmente chiuso alle
aziende europee.
Per sostenere i tagli fiscali a favore delle imprese, il nuovo governo americano
potrebbe poi ridimensionare alcuni degli incentivi per la transizione
energetica inclusi nell’Inflation Reduction Act. Questo rappresenta un rischio
per le utility e le case automobilistiche europee, che negli ultimi anni, hanno
beneficiato di questi piani.
Per quanto riguarda l’inflazione, una crescita più debole in Europa potrebbe
accentuare le tendenze disinflazionistiche già in corso. In tal caso, la Banca
centrale europea (BCE) potrebbe tagliare ulteriormente i tassi d’interesse
rispetto all’aspettativa attuale che li riporti al 2% già a giugno 2025.
In conclusione, l’esito delle elezioni presidenziali statunitensi introduce un
periodo di incertezza per l’Europa, con potenziali implicazioni economiche
significative. Mentre i dazi rappresentano una minaccia immediata per le
esportazioni europee, l’impatto complessivo dipenderà dalle negoziazioni e
dalle politiche attuate dalla nuova amministrazione, oltre che dai possibili
riflessi geopolitici.
Molto dipenderà anche dalla capacità di negoziare e di trovare iniziative
di rilancio su scala europea, due aree che però vedono oggi l’Europa
politicamente debole, anche per via della delicata situazione politica di Francia
e Germania, e ancora lontana dal varare progetti condivisi e di ampio respiro.